RADIOTELESCOPIO Per conoscere l'universo, la posizione della Terra rispetto agli altri corpi celesti, la natura di questi ultimi, gli scienziati si sono avvalsi di numerosi strumenti, come il cannocchiale - impiegato da Galileo Galilei (1564-1642) per sostenere la teoria eliocentrica. Il radiotelescopio è uno fra i più moderni strumenti di osservazione scientifica. Questo apparecchio, costituito essenzialmente da un'antenna capace di captare i segnali radio provenienti dallo spazio cosmico, ha infatti consentito di scoprire nuovi oggetti celesti, di delineare i confini nostra galassia, nonché di approfondire le conoscenze su numerosi pianeti. La presistoria del radiotelescopio inizia nel 1860, quando il fisico scozzese James C. Maxwell (1831-1879) elaborò una teoria che prevedeva l'esistenza di un'intera famiglia di radiazioni, associate ai fenomeni elettrici e magnetici, le cosiddette "radiazioni elettromagnetiche". La teoria fu confermata poco più tardi. Nel 1887, il fisico tedesco Heinrich R. Hertz (1857-1894) riuscì a produrre e rilevare delle radiazioni dalla lunghezza d'onda molto vasta: le radioonde. Meno di dieci anni dopo, nel 1895, il fisico tedesco Wilhelm C. Röntgen (1845-1923) scoprì delle misteriose radiazioni, che chiamò "raggi X", e più tardi dimostrò che i raggi gamma avevano lunghezze d'onda ancora inferiori a quelle degli stessi raggi X. Dallo spettro di colori, in cui Isaac Newton (1642-1727), nel 1666, aveva scomposto la luce, si era ormai passati a uno spettro assai più esteso. La storia del radiotelescopio comincia invece nel 1931. Mentre ricercava le cause dei disturbi delle trasmissioni radio , Karl Jansky (1905-1950), un giovane ingegnere dei laboratori della Bell Telephone, scoprì un rumore debole e costante che non proveniva da fonti terrestri ma dallo spazio. L'anno seguente, utilizzando un sistema di antenne, Jansky riuscì a localizzare in una regione vicina al centro della Via Lattea la sorgente di quel rumore. Questa scoperta, resa pubblica nel 1933, segnò l'inizio della radioastronomia, anche se Jansky restò praticamente ignorato per tutta la sua vita e morì a 44 anni proprio mentre fioriva la nuova disciplina. Solo dopo la sua morte gli furono riconosciuti i meriti della scoperta, tanto che la misura dell'intensità della radioemissione è oggi denominata "jansky". Dopo la scoperta di Jansky gli inconvenienti da risolvere non erano pochi. I segnali provenienti dallo spazio avevano lunghezze d'onda assai maggiori di quelle della luce visibile e pertanto una semplice radioricevente non era in grado di dare di più di una generica idea della loro provenienza. Solo uno speciale telescopio ottico, dotato per la ricezione di un grande antenna paraboloide, era in grado di fornire un'immagine nitida del cielo. Il primo apparecchio di questo tipo fu costruito nel 1937 da un ingegnere statunitense, Grote Reber (n. 1911), che impiegò un'antenna parabolica dal diametro di 9,5 m per fare una mappa delle sorgenti di radioonde presenti nella nostra galassia. Dopo la costruzione di questo primo, rudimentale radiotelescopio, nel secondo dopoguerra, grazie anche agli enormi progressi compiuti nel campo delle trasmissioni radio e delle tecniche radar , la radioastronomia conobbe un rapido sviluppo. Furono costruiti numerosi e più perfezionati radiotelescopi, con i quali si realizzarono importanti scoperte. Il radiotelescopio è oggi costituito sostanzialmente da un'antenna, o da un sistema di antenne, da un apparato ricevente e da uno di registrazione. Per intercettare le radiazioni elettromagnetiche, estremamente deboli, che provengono dallo spazio, l'apparecchio deve essere dotato di una grande superficie intercettante. Data la bassa intensità dei segnali provenienti dallo spazio, i radiotelescopi devono essere installati lontano dai luoghi abitati, dove le emissioni radio disturbano la ricezione. I luoghi ideali sono quelli a una certa altitudine, che forniscono uno schermo naturale contro le interferenze e i venti, spesso causa di gravi danneggiamenti agli strumenti. A seconda delle ricerche cui è destinato, il radiotelescopio assume forma e dimensioni molto diverse. Il tipo di antenna dipende infatti dalla lunghezza d'onda della radiazione che si vuole ricevere: per le onde metriche, per esempio, è sufficiente un sistema di antenne simile a quello di un televisore . Nel caso delle onde radio, il sistema di antenne deve essere di notevoli dimensioni. Dalle dimensioni delle antenne dipende anche il potere risolutivo dello strumento. Un altro fattore importante è il grado di orientabilità dell'apparecchio, che si integra alla direttività propria dell'antenna. In relazione alle limitazioni costruttive imposte dalle dimensioni del radiotelescopio e agli scopi cui è stato prefisso, si possono avere due tipi di montatura: la montatura equatoriale o la montatura altazimutale . Come per i telescopi ottici, è possibile puntare l'apparato nelle zone volute del cielo, mantenerlo puntato verso la zona interessata, o orientare le antenne in modo solo parziale. Le antenne dei radiotelescopi orientabili vanno in genere dai 50 ai 100 m di diametro ma esistono anche radiotelescopi fissi. Attualmente il radiotelescopio fisso più grande del mondo (con un'antenna di 305 m di diametro) si trova ad Arecibo, a Portorico. Un tipo di radiotelescopio assai potente è quello che utilizza i radiointerferometri, cioè una schiera di antenne distanziate; un metodo, questo, che consente di coprire decine di chilometri e, con speciali accorgimenti, l'intera superficie terrestre, aumentando di molto il potere risolutivo dell'apparecchio. Il più grande radiotelescopio di questo tipo è il VLA (Very Large Array), situato vicono a Socorro, nel New Mexico (USA). Il VLA è formato da 27 antenne paraboliche, ciascuna di 25 m di diametro, disposte lungo tre "bracci" di 21 km, secondo una configurazione a Y. In questo tipo di radiotelescopio, i segnali raccolti da ciascuna antenna vengono captati dal ricevitore di cui esse sono dotate, amplificati da un opportuno amplificatore , registrati e quindi inviati a un laboratorio centrale dove vengono elaborati da un calcolatore elettronico, un computer che costruisce delle vere e proprie mappe degli oggetti celesti osservati. L'impiego dei radiotelescopi ha permesso l'identificazione di molte sorgenti celesti di segnali, come i quasar e i pulsar; in un certo senso è grazie ai radiotelescopi che siamo in grado di "ascoltare" l'universo.